- IN MARGINE ALLE CELEBRAZIONI PER IL CENTENARIO DELLA MORTE -

ALESSANDRO ROSSI A TORRE E PIEVE

All'inizio del 1870 Alessandro Rossi, già allora titolare della maggiore azienda italiana, allargò i suoi stabilimenti da Schio a Pievebelvicino e a Torrebelvicino. Infatti la Valleogra gli offriva, con le sue acque, quella forza motrice a basso costo che a Schio ormai gli mancava da tempo; e vantava maestranze ricche di un'antica tradizione artigianale e laniera. Così, nel 1892, a Torre e a Pieve egli aveva già installato una forza motrice rispettivamente di 500 e 850 HP dei quali 300 e 500 idraulici. E tra il 1873 e il 1900, gli occupanti di Pieve passeranno da 449 a 1000 circa e quelli di Torre da 571 a 601, dove nel 1901 il 40% a Pieve e il 44,5% a Torre saranno donne (non va dimenticata la presenza di quattro tecnici esteri assunti fin da subito: un capo tessitura, un capo apparecchio, un capo follo e un tintore). Tra il 1871 e il 1901, gli abitanti da Pieve dove, nel 1870, sui resti di una vecchia cartiera settecentesca dei nobili veneziani Mocenigo, eresse una filatura e, nel 1872, vi aggiunse altri locali e macchine fino a realizzare l'intero ciclo cardato, avviandovi nel 1873 la lavorazione dei panni militari. Nel contempo (1872) a Torrebelvicino erigeva un lanificio del tutto nuovo dove, nel 1873, ad integrazione dell'energia idraulica, installerà una macchina a vapore di 100 HP, 160 telai meccanici e 5000 fusi di cardato, iniziandovi la lavorazione di misti lana per uomo e donna.

Infine a Pieve, nel 1886, introdusse le coperte, che in Italia si facevano solo da casermaggio, importando tutte le altre. E vi aggiungerà, nel 1889, la lavorazione del feltro industriale su telai alti oltre dieci metri. Per quasi tutto il secolo scorso, col pettinato di Piovene e le coperte di Pieve il Lanificio Rossi controllerà il mercato italiano di questi due prodotti. Ma in questo secolo, e fino all'altroieri, per il consumatore italiano il nome Lanificio Rossi vorrà dire solo coperte e, più tardi, coperte termiche. Vorrei ricordare che, per quelle coperte, esattamente cento anni fa sono stati installati i telai Schoenherr (che gli operai chiamavano Sènere): erano a 5 scatole, 9 colori, 220 cm di altezza utile e facevano 80 battute al minuto. Saranno sostituiti nel 1950.

Con le fabbriche A. Rossi portò anche la ferrovia che collegava Torre con Schio, Piovene e Arsiero e Pieve-Schio-Vicenza.

Elencare tutte le iniziative sociali,  [...] sarebbe lungo. Citeremo solo, per Torre come per Pieve, il quartiere nuovo, l'asilo, la scuola; e, per le maestranze, la società di Mutuo Soccorso, il magazzino merci, una cooperativa di consumo, una cassa prestiti, il circolo operaio, la biblioteca circolante e, a Torre, anche un teatrino. Dove, ancora più che per Schio, si ha l'impressione di una classe operaia che le iniziative più che lasciarsele cadere dall'alto, le sollecitava e ne diventare attiva protagonista.

I rapporti tra maestranze e azienda hanno avuto un momento di forte crisi agli inizi degli anni 1890 quando si è arrivati a d uno sciopero importate con licenziamenti e conseguente immigrazione. Un momento nel quale da Milano il Consiglio di Amministrazione della società aveva deciso, prevalendo su A. Rossi, di usare la maniera forte per ridurre l'autonomia degli stabilimenti. Peccato perchè, mentre le maestranze di Piovene, in fabbriche sirte negli stessi anni, hanno dato al Lanificio grattacapi a non finire così da dover trasferire parte delle lavorazioni creando gli stabilimenti di Marano e Dueville, quelle di Pieve e Torre sono sempre state eccellenti per bravura e disciplina.

Cosa resta di tutto questo? Apparentemente solo vecchi edifici. Ma, in realtà, resta la memoria storica collettiva, la coscienza di aver giocato un ruolo di rilievo nel decollo dell'industria laniera italiana e di alcuni suoi prodotti.

Resta, fortemente arricchita, una cultura artigianale e imprenditoriale, il maggior patrimonio ereditato dal passato. Permangono infine una vivacità di mente, un impegno, una voglia di fare, legate anche alla vitalità di radici rurali ancora intatte e che si avvertono nei ragazzi sui banchi di scuola come negli operi e negli imprenditori delle fabbriche. Non è un caso che un imprenditore turritano, che sapeva scegliere il suo personale, solesse ripetere: i miei dipendenti? Li prendo partendo da Pieve e Torre e risalendo la Valleogra.

 Pio Bertoli

 (articolo tratto da "Tra Noi" anno 8° - numero 27 - Aprile 1998)