IL TRENO PASSAVA PER TORREBELVICINO

Dopo l'Unità d'Italia il Governo, non disponendo di sufficienti mezzi finanziari, autorizzò i privati a costruire e gestire le comunicazioni. Nel 1884 per volere di Alessandro Rossi, l'ing. Stefano Breda e della "Società Cooperativa di Schio Tranvie e Ferrovie" venne ampliata la tranvia Schio-Santorso. La linea venne inaugurata il 16 marzo 1885 e gestita dalla nuova società "Ferrovie Economiche di Schio". Si trattava di una rete tranviaria economica cioè una strada ferrata per locomotive a vapore, affiancata da una strada già esistente.

 

Stazione Schio - dietro al Teatro Civico - attuale via Paolo Lioy - ponte sulla roggia maestra - fermata "Quartiere Nuovo" - ponte torrente Gogna - attuale via Novegno - incrocio di Pieve - stazione di Pieve - attuali viale Pasubio e Enrico Toti - chiesa parrocchiale san Lorenzo - stazione di Torre          (3,77 km - 15 min.)

 

Un binario tranviario partiva dalla stazione di Pieve, passava il ponte Leogra e terminava nell'attuale viale dell'industria (fabbriche Lanerossi). I vagoni trasportavano materiali per le industrie tessili e offriva un servizio di prima e seconda classe; nella bella stagione venivano decorati con fiori. Nella Stazione Torre c'era una piattaforma girevole per locomotive per cambiare direzione. Con l'avvento della guerra venne utilizzato per scopi militari; nel dopoguerra necessitava di ammodernamenti urgenti, cosa che non fu possibile. Il tratto Schio-Torrebelvicino venne sospeso nel 1925; chiuso definitivamente nel 1926. I binari scomparvero negli anni successivi con la pavimentazione delle strade.


LA FERATA

In tempi non troppo lontani la ferrovia proseguiva oltre Schio per raggiungere il nostro capoluogo, snodandosi lungo le odierne vie dei due Comuni secondo un tracciato ancor oggi chiaramente visibile, prima in terra battuta e poi in asfalto.

La linea tra Schio e Torre-centro era a dubbio traffico, civile e industriale. Dove oggidì si trova l'area di Casa della Gioventù c'erano gli impianti ferroviari terminali (depositi); la ruota di inversione delle locomotive si trovava negli attuali giardini all'altezza del campanile e, non molto discosto, era aperto un albergo non più esistente. Durante la seconda guerra mondiale l'area in questione venne adibita ad uso militare (accampamento). Negli anni successivi si ebbero notevoli trasformazioni, a cominciare dal hangar per il carro funebre comunale trainato da una coppia di cavalli, poi una scuola elementare - vi ricordo i miei primi due anni con la maestra Carolina Canova - fino all'attuale strutturazione che ha completamente cancellato l'antica.

Scomparsa la ferrovia, non ne è scomparsa la denominazione: i vecchi binari su cui arrancava la locomotiva col suo piccolo traino non ci sono più, non c'è più traccia di caselli. tuttavia è rimasta la denominazione usuale, così che ancor oggi si parla di ndar zo per la ferata o di abitare lungo la ferata.

Dal capolinea civile la ferrovia proseguiva poi a fianco della chiesa parrocchiale, per scendere come linea industriale alla fabbrica Rossi, con un certo dislivello ed una fermata la deposito delle bisache (presso la cui tettoia qualche anno fa, in occasioni di scavi per lavori stradali, vennero alla luce binari sepolti). Da qui la ferrovia proseguiva ancora per centinaia di metri, entrando nello stabilimento, da cui poi il convoglio usciva per ritornare a Schio, Vicenza ed oltre. E' interessante osservare che la locomotiva doveva essere di modeste dimensioni, se dei "discoli" posero una pallina legata su un binario ed una locomotiva, passandoci sopra, deragliò finendo la sua corsa appoggiata al muraso tuttora esistente, senza gravi danni, a parte forse un po' mdi paura dei macchinisti. Le mamme si disperavano perchè, passando, il terreno fischiava svegliando e innervosendo i bambini.

Il tratto fra il capolinea e la fabbrica non era però a massicciata, bensì correva al centro di una strada - l'odierno Viale della Rimembranza - in terra bianca: si di essa, dopo la soppressione della ferrovia, passarono i carri da trasporto Fanchin al servizio della fabbrica, sostituiti da camions propri della Rossi recanti una vistosa R.

Vinicio Filippi

VIALE DE LA RIMEMBRANSA

Anche in tale caso è tuttora in voga l'espressione su pa'l viale o su pa la Rimembransa.

Era una strada stretta, in salita verso la statale in cui si innestava, a lungo in terra battuta e poi asfalta. Si snodava a sua volta a partire dalla portineria dello stabilimento Rossi.

Non aveva nulla di particolare, se non che serviva da collegamento e, attraverso il tratto finale della ferrovia, si congiungeva con via Casette e con la strada che, comprendendo in sè i binari, saliva alla chiesa. Prese il nome di viale de la Rimembransa perchè, lungo parte di esso, venne piantata sui due lati una serie di alberi in memoria dei caduti della prima guerra mondiale: in occasione del 4 novembre il corteo commemorativo vi si dirigeva con l'accompagnamento di scolari e familiari dei morti e venivano appesi fiori e piccoli corone con nastro tricolore in onore e ricordo.

In tempi alquanto recenti gli alberi sono stati abbattuti e la suggestiva e commovente cerimonia è venuta a mancare. La strada fu asfaltata, ma non allargata-. Lo stesso fabbricato Rossi subì modifiche e il vecchio spaccio, che sorgeva lungo il tratto iniziale, venne trasformato i scuola media inferiore, che vi ebbe sede per un po'. In tempi ancora più recenti il viale (che conserva il nome, pur non avendo ormai più nulla di riconoscibile come tale: ne esiste solo il nome su di una lastra infissa nel muro di facciata del vecchio deposito delle bisache) è stato notevolmente ampliato e raddrizzato dopo la curva in su con una carreggiata a due corsie.

Vinicio Filippi