Le origini

 

Il toponimo “Pieve” ci riconduce alla preminenza religiosa assunta dal luogo in seguito alla prima evangelizzazione delle nostre terre: dal latino plebs, letteralmente “popolo”, indicava più precisamente la comunità cristiana che viveva in un determinato territorio.

Storia e leggenda si intrecciano per quanto riguarda le origini della pieve di Belvicino: nell’iscrizione a destra della porta d’ingresso leggiamo che nel 78 d. C. s. Prosdocimo “convertì” al culto cristiano il tempietto nel quale si venerava la dea Diana.

Viene riconosciuto fondamento storico alla tradizione del culto di Diana, che sarebbe stato imposto dai dominatori romani in sostituzione di quello a Reitia; questa dea della caccia era venerata nel santuario di Magrè dagli antichi abitanti delle nostre valli, i Reti. I primi cristiani, impegnati nell’opera evangelizzatrice, rispettavano gli edifici sacri pagani, per mantenere la continuità della loro funzione religiosa anche con la nuova fede. Questo, con ogni probabilità è successo a Pieve, dove il preesistente tempietto pagano divenne chiesa cristiana.

Da un punto di vista storico non può invece essere accettata la datazione dei fatti narrati: nell’anno 78 d. C. il cristianesimo era presente, oltre che a Roma, solo nelle grandi città costiere italiane; negli sperduti villaggi dell’interno sarebbe arrivato qualche secolo più tardi. Inoltre, fino all’editto di tolleranza del 313 d. C., la nuova religione era perseguitata: i cristiani, costretti a nascondere la loro fede e a celebrarne clandestinamente i riti, non avrebbero certamente preso l’iniziativa di distruggere un simulacro della religione ufficiale per edificare al suo posto un proprio edificio di culto. Chi ha collocato nel 78 d. C. la missione evangelizzatrice di san Prosdocimo, che secondo la tradizione era discepolo di san Pietro, non si preoccupava della verità storica di quanto affermava, voleva piuttosto dimostrare l’origine apostolica della pieve di Belvicino, per poter garantire l’autenticità del messaggio evangelico qui annunciato: attinto alla sua sorgente dall’apostolo Pietro, da questi comunicato al discepolo Prosdocimo, il quale infine si incarica di trasmetterlo alle genti della Val Leogra.

Nella prima metà del IV secolo san Prosdocimo come vescovo di Padova aveva sotto la sua giurisdizione anche il territorio vicentino che non era ancora organizzato in diocesi; questo può spiegare la tradizione della sua presenza nelle nostre terre e ci illumina  anche sulla dedicazione a santa Giustina, martire padovana, della chiesetta di Giavenale. All’opera di san Prosdocimo si deve, secondo la tradizione, la cristianizzazione di tutta la fascia pedemontana veneta; un anno prima di giungere tra le genti della Val Leogra l’instancabile evangelizzatore aveva abbattuto l’idolo di Plutone nel tempio che sorgeva sulla vetta del Summano.

 

La pieve di Belvicino risale probabilmente al VII – VIII secolo, dopo la costituzione della diocesi di Vicenza che diede inizio ad una nuova fase di cristianizzazione dei pagani, gli abitanti dei pagi; sorsero qui le pievi rurali che nella loro dedicazione a S. Maria rivelano la filiazione diretta dalla cattedrale urbana dedicata anch’essa alla Vergine.

 

L’organizzazione pievana

 

La “pieve” era la chiesa alla quale fecevano riferimento gli abitanti della valle e della pianura che la fronteggiava (il territorio del pagus di Ascledum): qui venivano amministrati i sacramenti e officiate le cerimonie di culto; qui risiedevano i preti, che, sotto la guida dell’arciprete, facevano vita comune nella casa della pieve detta canonica, perché i suoi ospiti vivevano secondo una regola, “canon”: “… le antiche genti della Val Leogra, divenute cristiane, trovarono qui il battisterio, l’altare e le tombe”, ricorda un’iscrizione posta nel pronao dell’antica chiesa di Pievebelvicino. In particolare la presenza del fonte battesimale costituisce l’elemento su cui si fondano la dignità della pieve e l’antichità della sua origine: “Nella Chiesa Battesimale di Santa Maria di Belvicino vengono dai villaggi circostanti per il battesimo come ad una Chiesa Madre” (da un documento del 1332 trascritto da G. Maccà).

 

Tramonto dell’organizzazione religiosa pievana

 

Secondo la tradizione nella prima metà del XII secolo una disastrosa inondazione avrebbe devastato il territorio di Pieve, costringendo la popolazione a cercare più sicura dimora a Schio. Anche l’arciprete si sarebbe trasferito presso la chiesa di s. Pietro, portando con sé prerogative e diritti dei quali era titolare precedentemente la pieve di Belvicino. Si interruppe così il legame tra le cappelle sorte nei villaggi e la loro chiesa madre.

Certamente non fu una catastrofe naturale a togliere alla chiesa di Pieve il ruolo di centro religioso della Val Leogra, quanto piuttosto la scomparsa del mondo feudale e la nascita di una nuova società.

Dopo il Mille i “borghi” diventano sempre più ricchi e popolosi per le nuove attività economiche legate all’artigianato e al commercio; si conquistano l’indipendenza politica, organizzando il governo comunale e l’autonomia religiosa. Tra il XII e il XIII secolo le parrocchie si liberano dal vincolo di dipendenza della chiesa madre: i sacerdoti non fanno più vita comunitaria nella casa canonica della pieve, ma risiedono presso le chiese dei vari villaggi; le cappelle di un tempo ora sono ecclesie, ciascuna dotata del battistero, dell’altare, del cimitero, che fino ad allora si trovavano solo presso la pieve.

 

Il piccolo villaggio quasi nascosto in un angolo della valle, stretto tra i monti e il Leogra, non può competere con il centro che ha potuto meglio sfruttare a proprio vantaggio le mutate condizioni economiche e politiche: probabilmente già dal XIII secolo gli arcipreti abbandonano Pieve e trasferiscono la loro residenza nel vicino borgo di Schio, il più popoloso, ricco e potente di tutta la zona.

 

La pieve medievale e la pieve attuale

 

Com’era l’edificio dove si radunavano i primi cristiani della valle? Non è certamente quello che vediamo oggi, che probabilmente con l’antica chiesa ha in comune solo il luogo in cui sorge. Possiamo farcene un’idea osservando la chiesetta di s. Giustina di Giavenale: un ambiente molto semplice, costituito da un’unica stanza, che poteva avere anche il tetto di paglia; la povertà estrema del momento e del luogo rendeva impensabile qualsiasi concessione al gusto estetico.

Nel corso dei secoli la nostra pieve ha subito varie trasformazioni, partecipando alle alterne vicende vissute dalla comunità alla quale appartiene.

Fino al 1867, al posto dell’attuale, troviamo una chiesa a tre navate, che si può definire basilica considerata anche la ricchezza di statue, affreschi e scritte che l’adornavano. Troviamo una particolareggiata descrizione di questa chiesa nel poemetto “I pregi di Pieve” scritto da don Giovanni Battista Tessari nel 1790 circa; l’aspetto esterno lo conosciamo grazie all’immagine dipinta su un palietto processionale conservato nella canonica di Pieve.

Sull’origine di questa chiesa possiamo solo formulare delle ipotesi: gli affreschi del pronao e le statue della Madonna e del Cristo in Pietà risalgono ai decenni tra il Quattrocento e il Cinquecento: potrebbero essere questi gli anni della costruzione, o ricostruzione del sacro edificio?

Questa chiesa “antichissima”, da anni puntellata perché minacciava di crollare, nel 1867 fu in gran parte demolita: dell’edificio precedente rimasero solo l’atrio, il presbiterio e il campanile.

Con l’edificio medievale a tre navate dell’antica pieve della Val Leogra scompaiono i dipinti, le statue, il battistero, un patrimonio di storia per noi di incalcolabile valore.

 

La chiesa riedificata fu inaugurata l’8 settembre 1868: è l’edificio ad un’unica navata che oggi vediamo. Il barone Alessandro Rossi, che dal 1903 al 1915 abitò a Pieve, con le sue donazioni di arredi e suppellettili contribuì in modo determinante a dare all’interno della chiesa l’aspetto che ancor oggi conserva: nel 1907 farà costruire il pavimento, acquisterà poi i quadri della via Crucis, affiderà a Tomaso Pasquotti l’esecuzione dei dipinti del coro (1908).

I FATTI FONDAMENTALI

78 d.C. s. Prosdocimo, discepolo di Pietro, convertì al culto cristiano, dedicandolo a Maria Vergine, il
   tempietto esistente nel vicus di Belvicino, nel quale si venerava la dea Diana?
Dimostrazione dell’origine apostolica della pieve di Belvicino, garantire l’autenticità del messaggio
   evangelico, una specie di garanzia
Romea Strata e il vicus (capitale) di Belvicino (pagus = circoscrizione locale)
Rationes decimarum (1297 – 1303): diocesi di Vicenza (30 pievi rurali – 18 dedicate a Maria SS.)
Pieve di Belvicino: Valli del Pasubio, Torrebelvicino, Magrè, Schio, S. Vito di Leguzzano, Santorso?,
   Marano?
Confini: Malo, Caltrano, Velo, Lizzana (Rovereto), Montecchio e Brogliano
Metà XII sec. Disastrosa inondazione e esodo verso Schio
Tra il XII e il XIV sec. Parrocchie autonome – da cappelle a ecclesie, dotate di altare e tombe
1453, arciprete Uguccione volle celebrare a Schio la solenne cerimonia del sabato santo (fino al
   1658)
Passaggio dei templari?
1867-68: demolizione dell’edificio mantenendo però intatto l’atrio, le tombe nel pavimento, gli
  affreschi, il campanile e i muri oggi perimetrali causa di probabili crolli
Riedificazione resa possibile da paesani, Stato, Alessandro Rossi e Lodovico Pasini
Tra il 1903 e il 1915 donazioni di arredi e suppellettili da parte del barone Alessandro Rossi
Anni ‘50 – ’60 vendita di alcune suppellettili della chiesa e traslazione della statua della Madonna
  nella nuova chiesa (8 settembre 1964)

 

La chiesa fu poi adibita a magazzino e palestra. Solo negli ultimi anni la chiesa è tornata alla sua vera
   funzione con il recupero del battistero, le funzioni liturgiche, i pellegrinaggi, concerti e molto altro.

Per maggiori informazioni:

 

- Gianni GRENDENE, Santa Maria di Belvicino chiesa matrice della Valle del Leogra. Le origini. Appunti illustrativi, con un saggio di Vinicio FILIPPI, Pievebelvicino 1995

 

- GRUPPO PER IL RESTAURO DELL'ANTICA PIEVE, Il castello di Belvicino. Appunti storici e ricerche nel 50° anniversario dell'erezione della croce. 1949-1999, Pievebelvicino 1999

 

GRUPPO PER IL RESTAURO DELL'ANTICA PIEVE, Visita all'antica Pieve. Appunti storici e itinerario guidato per il pellegrinaggio giubilare del vicariato di Schio, 8 settembre A. D. 2000, Pievebelvicino 2000

 

- Il fonte battesimale antico ricollocato nella chiesa matrice A. D. MMVII, a cura del GRUPPO PER IL RESTAURO DELL'ANTICA PIEVE, Pievebelvicino 2007

 

- I pregi di Pieve di don Giovanni Battista Tessari di Pieve di Schio, arciprete delle Torreselle. Poemetto, a cura del GRUPPO PER IL RESTAURO DELL'ANTICA PIEVE e dell'A. B. D. S. (Per Schio, 6), Pievebelvicino 2010

 

- Mariano NARDELLO, La saga di un paese. Pievebelvicino nel "libro cronistorico" del parroco Girolamo Bettanin 1901 - 1948, Viella, 2006